sabato 21 giugno 2008

Carlo Geminiani

Sempre da Bepi.
Carlo Geminiani è mancato una settimana prima di Mario Rigoni Stern ed è stato l'autore dei testi di molte "cante" musicate da Bepi.



da Il Giornale di Vicenza


Ragazzo nella sua Faenza. Esce nel pomeriggio per un giro in bicicletta. Arrivato in periferia, la città viene bombardata dalle fortezze volanti americane. Sotto le macerie della sua casa muoiono la mamma e la sorella. Il papà è in guerra. Disperato, affida il fratellino ai parenti e si arruola nell’esercito della Repubblica di Salò. Ha diciotto anni. Carlo Geminiani non ha mai fatto mistero della sua storia. Siamo diventati amici nel 1963, intorno alle sue strofe ispirate da “Centomila gavette di Ghiaccio” di Giulio Bedeschi. Quando venne ad Arzignano con i suoi camerati, rimanendovi pochi mesi, io ero un bambino. E qui conobbe Eliana Aldighieri, che a guerra finita sarà sua moglie. Era poi passato in Piemonte, nelle aspre Valli Ossolane. A Premosello era stato avvicinato da una giovane della Resistenza che gli aveva detto: “Sappiamo che tu sei giusto e generoso, che aiuti la gente e non fai male a nessuno. Se vuoi, adesso che tutto sta per finire, noi possiamo salvarti”. Naturalmente, rifiuta. Processato alla fine della guerra, il giudice di Bologna gli dice: “Lo so che non hai commesso niente di male, ma devo condannarti lo stesso”. Tre anni di carcere nella Fortezza di Volterra e la libertà a Milano, dove conosce Antonio Pellizzari e Beppe Bedeschi. Eccolo a dirigere l’Ufficio pubblicità della grande officina arzignanese. Anni creativi, con i famosi manifesti che ora sono in un prestigioso museo americano a dire della genialità grafica italiana. Geminiani e Bedeschi sono gli ispirati collaboratori del giovane Pellizzari nella “Scuola di Arzignano”: il tempo inebriato dall’arte, dalla musica, dalla letteratura, dalla poesia, dal teatro, dal nuovo cinema. Ma Antonio Pellizzari muore nel 1958 e l’Officina cambia nome. Arriva l’immancabile direttore che vuole rivoluzionare tutto: gli uffici come sigle, gli uomini come numeri. “Da questo momento, lei sarà Ve.Pro”, dice a Geminiani. “No, Ve.Pro sarà lei”, risponde Carlo. E se ne va. Subito il sodalizio con Gabri Chemello. Poi l’ADAS con Lele Rossi e Franco Tizian. I suoi lavori grafici sono inconfondibili. Maestro di stile, di immediatezza, di armonia, di pulizia. Lo cercano per collaborazioni importanti. Non fa conto del denaro: accetta i lavori se sono chiari e motivati. Coltiva l’amicizia nel giardino della felicità. E ogni anno, d’agosto, lo raggiungono a Lavarone gli antichi ragazzi di Faenza: canti, sospiri e ricordi nella parlata romagnola. Il limpidissimo rapporto con Terenzio Sartore nasce fin dal primo grande volume sulla Civiltà Rurale della Val Leogra, edito dall’Accademia Olimpica. L’ultima affettuosa collaborazione è stata con “e-team” di Rinaldo Pellizzari. Amico fraterno di padre David Maria Turoldo, con la sua calda voce di baritono intona i Salmi fin dai primi tentativi poetico-musicali di Sant’Egidio a Sotto il Monte. Ma si incontravano qualche volta anche a Vicenza, al mattino, appena prima del chiaro. Geminiani spingeva la bicicletta fino a Monte Berico; Turoldo usciva dal convento “per non impazzire”. Nel 1992 siamo andati insieme a salutarlo nella clinica di Milano poche ore prima che morisse. E c’era, con lui, tenero, premuroso, commosso, padre Francesco Rigobello.
“Era la notte bianca di Natale, ed era l’ultima notte degli alpini; silenzioso come frullo d’ale ardeva il fuoco grande nei camini”. Nel 1963, Giulio Bedeschi pubblicava da Mursia “Centomila gavette di ghiaccio”. Ispirati dal libro, gli vennero i versi di “Joska la rossa”. Carlo pensava in romagnolo, traduceva in italiano e scriveva in vicentino occidentale. Poi fu “Il ritorno”, che irritò non poco il reducismo più duro. Aggiunse una strofa a “Monte Pasubio”, che piacque tanto a Gianni Pieropan. “La brasolada” scandalizzò i soliti bigotti. Dovemmo, per non litigare con gli ultimi fanatici del militarismo, cancellare “Il disertore”. Vennero altri canti e fu una stagione di amori. Ma Carlo, come me, s’incantava del Natale. “Le stelle in cielo passan piano piano, e nelle case scure ancor si sogna; ghe xe soltanto, sveja, ‘na zampogna che ‘riva dal passato, de lontano: Natale che passa, Natale che viene, volémose bene…”. Usando la terza persona, come i cantastorie, aveva scritto di sé: “È convinto che tutti gli uomini siano buoni”. Ma quando sono arrivati questi arroganti xenofobi che ci comandano perseguitando i poveri del mondo ha cambiato opinione. Rimasto vedovo, ha sposato Olga Ruzzene, come lui forte e generosa e tenera. Conservò l’amicizia più cara e fraterna con Beppe Bedeschi. Passeggiavano insieme sulle colline oltre Lonigo, a Corlanzone, nel parco che conserva l’obice 75/13 degli alpini, che Bedeschi aveva incredibilmente recuperato dalla Campagna di Russia. E una volta Geminiani ha voluto accompagnare Mario Rigoni Stern, altro suo grande amico, a incontrare Bedeschi proprio sulla collina berica dei ricordi. Noi amici si stava in silenzio, discosti. E ci parve di sentirli recitare un’Ave Maria.

Bepi De Marzi

1 commento:

Unknown ha detto...

Questo articolo non necessita di un commento, tant'è interessante e commovente allo stesso tempo.