mercoledì 24 marzo 2010

New President, goodbye

Quel giorno di metà Luglio del 1972 all'ospedale di via Gramsci le urla di una ragazza di vent'anni annunciavano la nascita di un fagottino di 2.5Kg: Claudia… No oddio è un maschio. Va be' allora Claudio. No,no, aspetta forse meglio Michele. Aspettavano una femmina (e perchè poi?). Non avevano nemmeno pensato a un nome da maschio! E comunque Michele fu. Un mese di incubatrice poi via a prendere possesso della casa in campagna. Sì perchè via Rimembranze 15 nel 1972 era profonda periferia e Colatèra il primo centro di un certo rilievo che si incontrava scendendo verso il paese: Desenzano.
Nella stessa estate un giovane falegname viveva nel pieno fermento di anni difficili, ma buoni per formare teste e coscienze. Me lo immagino nel caldo di quei giorni, immerso nella fatica quotidiana, ma con lo sguardo già sul domani a osservare benevolmente un gruppo di cantori in posa sotto la basilica di Assisi. Proprio in quell'anno (1972) era tra gli artefici della nascita del Coro Santa Maria Maddalena.
La mia strada e quella del coro si divisero subito. Nessun contatto, nessun incrocio neppure casuale. Ad eccezione, forse, della visione che ho, nitida ancor oggi, di un omino che, con un'ape rumorosa, consegnava le bombole del gas a casa dei miei genitori. In un curioso intreccio di strade tra coro e affetti famigliari, questo signore minuto e dall'aria scanzonata avrà un ruolo inaspettato.
Lo devo confessare, per chi ancora non se ne fosse accorto: io non conosco la musica. Le poche nozioni di base me le ha insegnate la Prof. Vinciguerra alle medie. Credo di essere stato il suo allievo preferito e comunque ero senza dubbio uno dei migliori in fatto di suonare il flauto (una cosa gialla di plastica che non so se si possa chiamare così).
Mi sono sempre divertito a cantare. Soprattutto i canti alpini che imparavo ascoltando mio padre sotto la doccia e poi duettando con lui nel tragitto Desenzano-Rivoltella verso la scuola. Quanti sassi ho sentito “sotto la tenda a ro- a rotolar” in 3 anni di asilo 5 di elementari e 3 di medie!
Nella parrocchia di San Biagio ho passato tutta la mia infanzia e preadolescenza. Ricordo ancora con affetto e un po' di nostalgia le prove di canto dopo il catechismo con l'allora curato don Luigi Cottarelli, oggi rettore del seminario diocesano. Con lui ho imparato i canti principali della Chiesa di quegli anni (i vari Symbolum e compagnia bella per intenderci).
Poi il passaggio al liceo scientifico a Desenzano, prendendo una strada che forse non era la mia, per imitare un cugino più grande. Grazie a questo stesso cugino (nonchè fratello di un attuale corista) fui introdotto nella parrocchia di san Giuseppe lavoratore dove passai la mia adoloscenza senza una partecipazione molto attiva. E così l'adolescenza progrediva in età più adulta senza troppi spunti interessanti.
La mia gioventù di "cristiano cattolico praticante" si trascinava stancamente quando, un bel giorno di primavera del 1993 mi trovai a messa in Duomo. Non ricordo bene perchè fossi lì. Forse era per pedinare una ragazza di cui mi ero invaghito qualche tempo prima. Fatto è che tra i banchi del secondo blocco, di fronte all'entrata laterale, incrociai gli occhi di una fanciulla che da quel momento sono rimasti riflessi nei miei. Certo ci vollero settimane, mesi, stagioni ma alla fine quegli occhi divennero una voce, la voce divenne un nome e da quel nome nacque una storia.
Cominciai allora a frequentare assiduamente la messa delle 11.30 in Duomo dove ormai da più di vent'anni cantava quel coro, anche lui nato nel 1972, e diretto ormai stabilmente da quel giovane falegname che abbiamo lasciato con i suoi sogni intrisi di sudore in quella lontana estate.
Domenica dopo domenica, celebrazione dopo celebrazione le melodie del coro mi presero sempre di più (credo sia stato Exultate Justi a darmi il colpo di grazia). Fatto è che qualche anno dopo, era il 1996, sostenuto anche dall'amicizia nata con l'allora curato don Andrea Giacomelli che mi aveva spinto a reinserirmi dopo tanti anni nelle attività pastorali, e sollecitato più volte da alcuni amici che cantavano da tempo (Silvia, Nicoletta, Marialuisa, Francesco) decisi di entrare nel coro.
Voi non immaginate nemmeno quale e quanto fosse a quei tempi il terrore che aleggiava attorno alla figura del maestro e quanto potesse costare a me, decisamente timido, fare questo passo. Ma lo feci e riuscii a convincere anche quella fanciulla della messa, Sara (ancor più terrorizzata di me da quel maestro che conosceva fin da bambina). Insieme iniziammo le prove un Giovedì sera di settembre. Poco a poco le voci del coro divennero occhi, gli occhi nomi e i nomi si trasformarono in storie.
Ma questa è la mia storia: e allora con Sara ci siamo sposati e lei è uscita dal coro quando è nato Mattia e poi Letizia. Nel coro ho conosciuto i miei testimoni di nozze: a proposito. Vi ricordate quel tipetto con l'ape che portava le bombole quand'ero bambino? Beh per quello strano andirivieni di , incroci e strade parallele che qualcuno chiama caso, altri destino, già da ben prima di quell'estate del 1972 era molto legato alla famiglia di quella che sarebbe diventata mia moglie. In quell'anno era già padre di due bambinette: Lucia che insieme a Giuliano sarà testimone del mio matrimonio e Donata che, intanto che la mia storia andava avanti, ha sposato il giovane falegname ed è diventata per il coro un pò' moglie, un pò' mamma, un pò' zia, un po' cognata. Una rompiscatole che se non ci fosse sarrebbe da inventare. Insomma il motore del coro.
Sono passati quasi 15 anni e di occhi nel coro ne ho incrociati tanti e con loro tante storie. Tutti arrivati lì da strade diverse ma in fondo tutti arrivati lì per un amore. Ho visto storie finire bene, altre non tanto, altre nemmeno iniziare, altre ancora non sono mai finite. Ho consolidato amicizie importanti, ho indirizzato la mia formazione umana e cristiana. Ho pregato, ho trovato una via per cercare il mistero. Ho parlato il tedesco e il francese, l'africano e l'albanese, il russo e il siciliano. Ho visto qualcuno lasciare con rimpianto, altri andarsene senza aver capito. Ho conosciuto una nuova generazione; quella dei figli che sono cresciuti, cantano nel coro, hanno coinvolto altri giovani amici, hanno portato un'aria dolce, fresca e frizzante. Mi sono innamorato di ognuno di loro, del loro impegno, della loro innocente saggezza, del loro coraggio. Ed è per loro che io sono stato il New President.

2 commenti:

Gigibarbabianca ha detto...

....Che dire Michele?.... Riesci sempre a toccare le corde giuste, è da leggere con calma, gustare piano e poi sorridere e trarne vigore e speranza per andare avanti. Grazie.

francesco ha detto...

Tec!!! The New President!!!! :)